Plagio: un termine ricorrente utilizzato spesso senza cognizione di senso e soprattutto senza tenere in considerazione il danno economico in seno ad una delle due parti. Da non sottovalutare. Si sente parlare di plagio in diversi settori, da musicale con i Modà che avrebbero copiato Le Vibrazioni, Lady Gaga che si ispira troppo a Madonna, a quello cinematografico, letterario, scientifico fino al mondo della moda, con il recente incidente diplomatico tra il grande calzaturiere Christian Louboutin e la storica griffe Yves Saint Laurent, messa sotto accusa per una questione di violazione di diritti d’autore (la maison di moda francese ha lanciato sul mercato un paio di scarpe in camoscio rosso con tanto di suola rossa, dettaglio che è l’inconfondibile segno di riconoscimento delle calzature di Christian Louboutin, tanto da essere stato brevettato come marchio di fabbrica nel 2007). La questione si è conclusa con la richiesta di risarcimento danni da un milione di dollari e lo stop alla produzione delle scarpe incriminate per YSL.
Ma cosa significa plagiare? Wikipedia definisce il termine plagio, nel diritto d'autore, l'appropriazione tramite copia totale o parziale, della paternità di un'opera dell'ingegno altrui. Per legge il Diritto d’Autore ‘istituisce la tutela delle opere dell’ingegno di carattere creativo, che appartengano alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro, al cinema. La tutela consiste in una serie di diritti esclusivi di utilizzazione economica dell'opera (diritti patrimoniali dell'autore) e di diritti morali a tutela della personalità dell'autore, che nel loro complesso costituiscono il "diritto d'autore"’ (legge speciale 22 aprile 1941, n. 633). Si parla di Plagio quando qualcuno si appropria di un opera altrui spacciandola per propria. La Contraffazione, che spesso viene confusa con il Plagio, invece si ha quando qualcuno sfrutta economicamente un opera senza avere il permesso dell'autore.
Purtroppo però questo fenomeno negativo sembra non compiacersi nel colpire esclusivamente le grandi griffes del panorama internazionale: un brand emergente conosciuto grazie al blog The Tailors Project ha dovuto fare i conti con un episodio sgradevole finito con la rottura di una bella collaborazione. Il tutto nasce quasi per caso e lontano da ogni pensiero prevenuto, quando una stilista emergente decide di dare vita ad una collaborazione con un altro atelier. Così ci si accorda per esporre le creazioni una nell’atelier dell’altra e si decide di aiutarsi con la promozione e la vendita in due città diverse. Sembra tutto un sogno, fino a quando si ritrova un capo “già visto” nella nuova collezione della collaboratrice. E così ha inizio la diatriba, tutt’altro che piacevole, tutt’altro che semplice da risolvere. Oltre all’imbarazzo ed alla delusione per il rapporto che si era instaurato, la difficoltà nasce nel riuscire a dimostrare l’estrema somiglianza, complicazione che si ha se il prodotto non è stato registrato o non possiede un certificato che ne attesta la proprietà all'autore (provvisto di date, motivazioni e descrizioni tecniche) e che potrebbe sfociare nella necessità di rivolgersi ad un avvocato.
Il consiglio è comunque quello di proteggersi sempre depositando i marchi ma soprattutto instaurare rapporti lavorativi con professionisti del settore affidabili e nel caso in cui si verifichi questa fastidiosa situazione, non bisogna aver paura di far valere i propri diritti, perché un plagio è un furto d’ingegno e il responsabile non va graziato.
A cura di Silvia Bertolini
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Maria Bissacco (sabato, 24 settembre 2011 20:50)
tutto vero, ma come si collocano figure che non possono definirsi artigiani in quanto non hanno bottega nè lavorano a tempo pieno ma che, comunque, creano dei capi esclusivi e alle volte portano con onore il nome dell'Italia all'estero? Sinceramente non so come definirmi perciò mi dico "creativa". Ma io che progetto, disegno ( parlo di centinaia di disegni ), realizzo esclusivamente capi unici se devo, per un qualunque motivo, difendere la mia proprietà culturale non trovo nessuno che se ne faccia carico. Non parliamo poi di iniziare cause, neanche a pensarci visto la lunghezza della giustizia in Italia. Depositare i marchi...costoso per uno che non ha bottega e sa che non venderà nulla perchè battuto dalla concorrenza del copia incolla che può permettersi di vendere a prezzi cinesi... Cordialmente, mMria Bissacco
silvia (martedì, 27 settembre 2011 18:20)
Ciao Maria, dalla descrizione della tua situazione credo che nessuno possa toglierti l'appellativo di artigiana, ma purtroppo credo anche che nel momento in cui si desidera entrare nel mercato, sia necessario attenersi alle sue regole e, per tutelarsi, registrare il marchio è indispensabile. Chi non può permettersi un laboratorio può spesso però usufruire di incentivi regionali, come il progetto Falk di cui abbiamo parlato qualche tempo fa proprio in questo sito e che ha sostenuto i designers emergenti offrendo loro l'utilizzo di laboratori. A volte il vs settore è molto più supportato di quanto si pensi. In bocca al lupo.